“Archivi di Pietra”, il libro che racconta i cimiteri di Pistoia anche grazie a Barbara B

Si chiama “Archivi di Pietra” ed è un’opera che parte dal passato per costruire il nostro futuro. Per non dimenticare chi ha contribuito a dare vita alla nostra storia e a permetterci di essere quelli che siamo. Si tratta di una pubblicazione meticolosa in grado di raccontare attraverso appunti, documenti e immagini i cimiteri urbani di Pistoia. Un’opera preziosa, ideata dagli Archivi del Novecento a cui hanno collaborato in modo importante sia la Cooperativa Barbara B sia il Liceo Scientifico Amedeo di Savoia Duca d’Aosta. A presentarlo sono Daniele Negri e Patrizio Turi, che fanno parte del gruppo di redattori della rivista Storia e Città della Associazione Storia e Città ODV.

Dove nasce l’idea e per quanto ci avete lavorato ?

Risponde Patrizio Turi «Quando ero bambino, per i “Morti”, alla fine di ottobre o ai primi di novembre, mio padre mi portava a visitare i parenti defunti nel cimitero della Misericordia, per suo padre morto nel 1952, e nel Tempio crematorio del cimitero comunale per il suo bisnonno, Pietro Turi,  morto nel 1903.

Pietro era nato nel 1823 e, almeno nei ricordi familiari, era stato nel bene e nel male un personaggio: gradito al nonno per le sue idee risorgimentali, inviso a mia nonna  perché anticlericale e interessato di politica e di attività sociali a scapito della famiglia. Suo cugino, Aristide Turi, aveva combattuto con Garibaldi e, secondo la tradizione familiare, aveva raccolto il mozzicone di un sigaro fumato dall’Eroe poco dopo essere stato ferito sull’Aspromonte. Pietro era massone e come Aristide si era fatto cremare. L’urna delle sue ceneri era vicina a quella di altri parenti e amici delle sue stesse idee laiche e progressiste.

Tornando da adulto al Tempio crematorio avevo notato che le urne di gusto Liberty, che formavano un tutto unitario e integravano la memoria di un gruppo di cittadini che aveva caratterizzato un’epoca della vita della città, venivano man mano sostituite da nuove con cui non avevano niente a che fare, perdendo così una memoria importante per tutta la comunità. Anche il cimitero della Misericordia era cambiato, con cappelle in stato di abbandono: come quella di Martino Bianchi imprenditore importante nella storia dell’ortovivaismo pistoiese.

Più in generale appariva a rischio il contributo che queste memorie “archiviate” nei cimiteri cittadini potevano dare alla comprensione della vita e della storia della città e da questo l’idea chiave: come i ricordi dei defunti erano importanti per l’identità di ciascuna famiglia così il complesso degli “Archivi di pietra” era importante per l’identità cittadina.

Queste e analoghe considerazioni erano proprie già da tempo individualmente di alcuni studiosi vicini all’associazione “Storia e città” e che, in occasione di un incontro della primavera 2019 per organizzare l’iniziativa “Archivi del Novecento”, hanno deciso di unirsi in un gruppo per affrontare intanto le tematiche legate ai cimiteri urbani.

Il lavoro mirato inizialmente a una ricerca, sia pur ristretta a un periodo limitato, alla redazione di schede relative al periodo studiato e a far conoscere la problematica relativa ai cimiteri agli studenti è stato interrotto dalla pandemia e nei fatti si è per adesso limitato alla preparazione e allo svolgimento dell’iniziativa con il Liceo Scientifico di Pistoia».

Qual è l’obiettivo principale del lavoro?

«Suscitare nelle autorità cittadine e soprattutto nella cittadinanza, a iniziare dagli studenti,  l’interesse per la problematica dei cimiteri e la consapevolezza della loro importanza per l’identità e la storia della comunità. Contrastare inoltre la perdita della memoria condivisa, che si va lentamente affermando anche con l’abitudine di cremare le salme e spesso di disporne privatamente, al di fuori di ogni spazio cimiteriale, e quindi pubblico».

Quali sono stati gli aspetti più difficili da trattare?

«Gli aspetti organizzativi e pratici, stante la penuria di mezzi personali e finanziari, hanno richiesto un certo impegno, anche interno al nostro gruppo, per coordinare lo sviluppo del lavoro e l’incontro-confronto con gli studenti. Oltre, ovviamente, alla ricerca degli sponsor».

Cosa ha portato in più nella stesura del libro l’intervento degli studenti del Liceo Scientifico?

Risponde Daniele Negri. «Molto, direi. Non tanto e solo nella qualità dei contenuti del corso, ma in particolare nella sua finalizzazione a percorso di competenze e orientamento. Quando si è pensato di proporre, come Associazione Storia e Città ODV, ad una scuola superiore pistoiese questo percorso (PCTO) innovativo che prevedeva incontri di studio e approfondimento ma anche visite e ricerche sul campo, anche al nostro interno non mancava qualche dubbio sulla piena attuabilità e soprattutto riuscita dell’esperienza, nuova anche per noi. Quando la dirigenza del Liceo scientifico Amedeo di Savoia Duca d’Aosta ha accolto senza riserve l’iniziativa, consapevole del valore della ricerca e anche della novità del coinvolgimento di ragazzi che con la loro motivazione e curiosità propria avrebbero potuto far tesoro di insegnamenti interessanti e preziosi per la loro maturazione civile e culturale, ogni esitazione è scomparsa e l’impegno è stato reciproco. Tanto da esser stato replicato per due anni scolastici consecutivi. Con articolazioni ulteriori nate <i>in progress. </i>Un esempio: particolare interesse ha suscitato la proposta ai ragazzi di ricerca incentrata su indicatori oggettivi desumibili dalle epigrafi, come età e causa della morte, posizione sociale, cognomi locali o meno a fissare i tempi dei movimenti demografici interni, ad esempio fino al primo dopoguerra. O il passaggio dai ritratti funebri alle foto, e all’evoluzione del loro soggetto. Oppure gli stili delle tombe e la loro simbologia, più o meno palese. Il tutto per provare a disegnare, certo a grandi linee, il quadro della nostra società cittadina nel passaggio critico tra Otto e Novecento.

Gli studenti interessati – degli ultimi due anni del corso di studio – hanno dimostrato con le loro domande una partecipazione attiva, come in occasione della visita al Cimitero della Vergine, hanno contribuito alla ricerca documentata dal libro, appassionandosi tra l’altro alla scoperta dell’inaspettato patrimonio d’arte applicata che ogni cimitero storico reca con sé.

Il loro contributo e i loro appunti di lavoro sul campo sono quindi stati organizzati e raccolti nell’interessante pubblicazione di imminente uscita».

Nel corso del confronto che avete avuto con vari esperti sono emerse considerazioni nuove e fino a questo momento sconosciute?

«Assai utile ci è stato il confronto con gli addetti al settore cimiteriale del Comune di Pistoia e con i dirigenti dell’Arciconfraternita della Misericordia, che hanno comunicato i loro punti di vista e fornito notizie utili allo sviluppo della ricerca. In particolare pensiamo al signor Riccardo Marchini, che ha riferito notizie rilevanti sul cimitero in cui ha lavorato a lungo e ha saputo interessare gli studenti durante la visita al cimitero della Misericordia, intrattenendoli su alcuni personaggi sepolti, come il giudice Antonino Caponnetto, animatore del pool antimafia di Palermo. Altrettanto interesse ha riscosso la residua porzione ebraica e poi acattolica del Comunale, oltre naturalmente, al Tempio Crematorio, di cui i più non avevano la minima cognizione».

Questa è un’opera che si potrebbe replicare anche in altre realtà?

«Senz’altro sì: vi sono aspetti che sono comuni ad altre realtà e altri che possono essere approfonditi, ampliati e adeguati in relazione alle caratteristiche peculiari delle diverse realtà cimiteriali che presentano mille sfaccettature da apprezzare e studiare».