La più famosa è la nave di Oseberg, ritrovata in Norvegia e lunga 21 metri.
In Italia tanti lo ritengono un argomento tabù, ma le tradizioni funerarie fanno parte della storia e variano da cultura a cultura. Nel nostro Paese da tempo siamo legati al servizio funebre in chiesa seguito dalla sepoltura al cimitero o alla cremazione del corpo. Ma in altre realtà non è così e ci sono alcune pratiche, spesso legate al passato, molto particolari.
Fra queste ci sono le tradizioni vichinghe: nella Scandinavia antica la sepoltura veniva spesso praticata in barca, simbolo del viaggio dopo la morte, dove veniva deposto il defunto insieme a offerte funebri che, nei casi di persone importanti in grado di ricoprire status particolari, potevano includere anche sacrifici di schiavi in modo che questi potessero servire il padrone anche nell’aldilà. Il settimo giorno dopo la morte era previsto il sajund, una grande festa a base di birra che definiva il limite oltre il quale gli eredi potevano reclamare quanto spettasse loro.
Una delle prove più interessanti di questo tipo di sepoltura fu scoperta agli inizi del secolo scorso, precisamente nel 1903, in Norvegia, all’interno di quella che fu definita la nave di Oseberg, scafo interamente realizzato in quercia lungo 21 metri e largo 5. Era la tomba di due donne, una di 60-80 anni e l’altra di età compresa fra i 50 e i 55 anni, età avanzata per la media del periodo. Chi fossero le due donne è ancora allo studio degli esperti che pensano si trattasse forse di una principessa e di una sua schiava oppure di due veggenti. Il corredo funerario era imponente: due mucche, 15 cavalli e 6 cani, un carro e tre slitte decorate, sei letti, una sedia, uno sgabello, pane, prugne, mele e mirtilli.