L’emergenza Coronavirus ha messo a dura prova l’intero sistema

Attività funerarie e cimiteriali, cremazione, gestione del settore e dei suoi operatori. L’emergenza coronavirus ha messo a dura prova l’intero sistema, soprattutto in alcune zone d’Italia, ma complessivamente l’apparato ha retto bene, pur con qualche naturale criticità. Per stilare un bilancio della situazione attuale, parlare di come è cambiato l’ambito e di quali saranno le prospettive future non c’è professionista più indicato dell’ingegner Daniele Fogli, una delle massime autorità a livello italiano e internazionale del settore.

Dottor Fogli, ci spiega in breve come si è avvicinato al settore cimiteriale?

«Ero impiegato nell’ufficio tecnico dell’aeroporto di Bologna come ispettore dell’aviazione civile, un giorno decisi di partecipare a un concorso nazionale per aziende di servizi municipalizzati, lo vinsi e mi trovai catapultato all’interno di una realtà interessante e allo stesso tempo molto complicata, che oggi posso dire mi abbia dato grandi soddisfazioni. Piano piano sono passato da una dimensione locale a una nazionale fino a quella europea».

Può raccontarci una vicenda specifica che ha caratterizzato la sua carriera? Una curiosità che ancora oggi, a distanza di anni, non dimentica?

«Il primo giorno mi sono presentato in ufficio e non avevo idea di cosa fare, avevo solamente una cartelletta di pelle e una scrivania vuota. Mi sono accorto di non aver più nulla da fare come pratiche in attesa sulla scrivania, una sola altra volta: dopo un paio d’anni. E allora mi sono detto: a questo punto vado direttamente nei cimiteri perché è impossibile che non ci sia niente da sistemare. E infatti ho trovato immediatamente problemi da risolvere; in tanti anni di lavoro quelli iniziali sono stati gli unici giorni in cui non ho avuto nulla da fare».

Mi sembra che stia dando un consiglio anche a chi oggi opera in vari settori: se si rimane seduti ad aspettare il lavoro non arriva, in alcuni casi bisogna andarselo a cercare. Questo è uno stimolo continuo a migliorarsi.

«Assolutamente sì. Bisogna presentarsi sul campo per capire cosa succede, toccare con mano e cercare soluzioni».

Nel corso degli anni come è cambiato il mondo cimiteriale e soprattutto quello della cremazione?

«Ci sono state modifiche essenziali, quella che vediamo oggi è una realtà completamente differente rispetto a quella relativa al mio esordio nel settore. Alla fine degli anni ’70 la cremazione era inesistente, pensi che in tutta Italia se ne registravano circa 1500-2000 all’anno. Esistevano pochissimi impianti anche perché non potevano rispettare le norma in vigore dal 1976, quando si introdusse l’obbligo di inserire nella struttura anche la cassa, mentre prima i morti venivano solamente avvolti in un lenzuolo».

E per quanto riguarda inumazioni e tumulazioni?

«Anche in questo caso nel tempo si sono registrate grandi differenze. Sempre tornando a metà degli anni ’70, circa il 50 per cento delle sepolture erano delle inumazioni, il 30-35 per cento tumulazioni in loculo e il restante avveniva in tombe private. Nel corso del tempo c’è stato un profondo cambiamento, con le inversioni delle percentuali fra tumulazioni, ora predominanti, e inumazioni. Ma molto dipende anche dalle zone in cui si vive: al centro e al sud le sepolture in terra sono ritenute sintomo di povertà, in Friuli e in Trentino al contrario viene vista come una scelta ambientale».

Questo ha portato anche a un” ripensamento” dei cimiteri?

«In quei tempi, attorno alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, emerse per la mia città la necessità di una nuova pianificazione cimiteriale e individuammo sostanzialmente tre tipologie di intervento: alcuni cimiteri potevano essere ampliati, altri “conservati” ma con perimetrazione immutata (e quindi in piena attività) e alcuni trasformati in monumentali, cioè senza interventi sia di ampliamento che di costruzione interna. Consideriamo che si tratta di passaggi non semplicissimi, spesso valutati anche insieme alla popolazione. Non dobbiamo dimenticare che i cimiteri, ne abbiamo circa 16mila in Italia, sono la struttura pubblica più capillarmente diffusa sul territorio, più ancora delle caserme dei carabinieri».

Questi furono i primi passi verso una pianificazione cimiteriale che nel tempo permise di porre le basi teoriche e pratiche per i piani regolatori cimiteriali.

Quali sono le criticità attuali che gli addetti ai lavori si trovano ad affrontare?

«Il settore è mutato in modo abbastanza rapido, soprattutto per quanto riguarda la cremazione. Un tempo al sud di Roma non c’erano impianti. adesso in Italia abbiamo 85 impianti alcuni dei quali dispongono anche di cinque o sei linee per un totale di 183mila cremazioni annue di defunti, oltre a circa 35mila cremazioni di resti mortali».

Come ci collochiamo rispetto agli altri Paesi europei?

«Per numero di cremazioni siamo quarti, dopo Inghilterra, Germania e Francia. Come numero di impianti sul territorio siamo arrivati per ultimi, ma questo ci ha permesso di godere di tecnologie eccellenti, che ci permettono di lavorare in grande tranquillità soprattutto in campo ambientale. Non dobbiamo dimenticarci però che a dare una spinta importante è stata anche la carenza di spazi per sepoltura in alcuni territori e questo ha “dopato” la percentuale di cremazioni».

A suo parere quali sono le caratteristiche fondamentali che un operatore del settore deve avere? Stiamo parlando di un lavoro non semplice, sempre a contatto con il lutto e con il dolore.

«La motivazione del personale è fondamentale; spesso si creano problemi di burn out e in passato abbiamo dato vita a gruppi di mutuo aiuto che abbiamo visto raggiungere risultati importanti. Ognuno poteva esporre agli altri del gruppo le proprie valutazioni e questo li portava a condividere il dolore con cui dovevano fare i conti ogni giorno. Altra questione rilevante è il mancato riconoscimento sociale di questa attività, addirittura in alcuni casi abbiamo riscontrato che i parenti degli operatori rischiano di essere ghettizzati, per questo è fondamentale svolgere interventi di formazione specifici».